Di solito si guarda con paura e scetticismo ai sequel. Si teme sempre che possano deludere le aspettative o, peggio, tradire l’originale. Questa volta, però, niente timori: “I testamenti” di Margaret Atwood sono esattamente il libro che speravate di leggere. Dopo il successo planetario de “Il racconto dell’Ancella” e della serie “The Handmaid’s Tale”, la scrittrice canadese torna per raccontare ancora gli orrori e le crudeltà del regime di Gilead. Ma in questo nuovo romanzo la narrazione non è affidata all’Ancella Offred, ma a un altro personaggio, che chi ha letto il precedente conosce bene: zia Lydia…                  Donne, odio, libertà: il nuovo romanzo di Margaret Atwood I testamenti (Ponte alle Grazie, traduzione di Guido Calza), si apre con tre citazioni che ruotano attorno a questi temi. Sono passati trentacinque anni dalla pubblicazione de Il racconto dell’ancella, il libro da cui è stata tratta la serie di successo The Handmaid’s Tale (arrivata quest’anno alla terza stagione), con Elisabeth  Moss nel ruolo della protagonista, e ora la scrittrice canadese, nata nel 1939, torna in libreria con il sequel, per dare alle lettrici e ai lettori le risposte che attendevano da tempo. I testamenti, in fondo, sono proprio questo: una risposta. Cosa è successo a Gilead? Quando è iniziato il suo declino? E, soprattutto, perché un regime totalitario si sgretola?  Questa volta la narrazione non è affidata più all’Ancella Offred, ma a un altro personaggio, che chi ha letto il romanzo precedente conosce bene: zia Lydia. È attraverso i suoi occhi che conosciamo gli orrori e le crudeltà che avvengono a Gilead. Ovviamente la sua prospettiva è molto diversa da quella a cui siamo abituati: Lydia è una donna spietata e odiosa, un carnefice pronto a massacrare le sue vittime – donne proprio come lei – senza nessun tipo di scrupolo. Ma in questo romanzo si scoprono nuovi lati del suo carattere che potrebbero riabilitare, almeno in parte, il suo ruolo. Lei incarna il paradosso della società raccontata, in cui la donna viene considerata come un fiore prezioso e, contemporaneamente, come una creatura pericolosa: la donna è una minaccia, un miracolo, una trappola esplosiva, una benedizione, una tentazione. La donna è un corpo, ma un corpo che deve essere sempre coperto, nascosto, negato. La donna è, per natura, contraddizione vivente, proprio come il potere e come Gilead, un’oligarchia teocratica e militare, luogo di estremo odio e disumanità, ma anche, qualche volta, di amore e tenerezza.

“Gilead ha conosciuto la bellezza. Perché non avremmo dovuto desiderarla? Eravamo umani, in fin dei conti”.

Alla sua voce si intreccia quella di una nuova figura, Agnes Jemima, di cui molto non si può dire, per evitare di svelare elementi di una trama ricca di svolte e colpi di scena. Una trama intessuta in modo graduale, calibrato e capace di dare vita a un’impalcatura complessa ma allo stesso tempo estremamente chiara. Del resto, è sempre stata questa la forza della scrittura della Atwood: quella di riuscire a costruire un nuovo universo con spontaneità e naturalezza, come se l’autrice stesse descrivendo qualcosa di reale.

E infatti, in un certo senso, è così: in molte interviste Margaret Atwood ha dichiarato di voler ammettere nel suo libro solo eventi che avevano un precedente nella storia dell’umanità (e anche la serie ha rispettato questo assioma). Le sue opere rientrano a tutti gli effetti nella distopia (anzi, si potrebbe addirittura dire che sia stata lei a rilanciare il genere), eppure raccontano la realtà con uno sguardo lucido e analitico, che riesce a mettere in luce inquietanti analogie con gli eventi che stiamo vivendo in questo periodo storico.

Mai come in questo caso, piano reale e letterario hanno trovato una dimensione di dialogo, al punto che il romanzo è diventato una sorta di manifesto politico, un simbolo per tutti coloro che lottano per i diritti e le pari opportunità. Basti pensare che durante tante manifestazioni (non solo in America, ma anche in Italia e negli altri paesi del mondo) le donne si sono vestite come le Ancelle – abito rosso e cuffia bianca – proprio come immagine di protesta e inno alla libertà.

Di solito si guarda con paura e scetticismo ai sequel. Si teme sempre che possano deludere le aspettative o, peggio, tradire l’originale. Questa volta, però, niente timori: I testamenti sono il libro che speravate di leggere.